Nel primo articolo dedicato al Design Thinking abbiamo presentato le modalità attraverso cui il pensiero umano tende a individuare variabili e correlazioni empiriche al fine di interpretare un fenomeno e risolverne aspetti problematici per ottenere un risultato desiderato. Questo tipo di attività, euristica, viene svolta nelle aziende da figure in genere molto importanti, delle vere e proprie Elites Cognitive che, grazie alle loro esperienze e conoscenze, sono in grado di affrontare e gestire così situazioni complesse (anche se, a volte, ripetitive).
Inoltre è stato individuato , o comunque compreso che un approccio esclusivamente analitico, soprattutto nei processi decisionali apicali, può condurre ad una sostanziale disincentivazione di qualsiasi pensiero esplorativo e creativo, consegnando l’organizzazione ad una sicura obsolescenza.
Ma come fare , dunque, per contemperare le esigenze di rigore, affidabilità ed analisi con quelle di creatività, esplorazione e libertà, entrambe alla base di un equilibrato e duraturo sviluppo dell’impresa? Lo vedremo in questo breve articolo.
Indice dei contenuti
Riconciliare i due estremi: il design thinking
E’ evidente che, ben difficilmente, un’azienda completamente basata su intuito e creatività potrà perdurare, così come, spesso, nemmeno un’attività completamente fondata sull’assoluta analisi storica del dato. Quale la soluzione per trovare un equilibrio tra i due estremi, allora?
La soluzione migliore può essere quella di riconciliare i due approcci ripensando l’organizzazione per fare posto, specificatamente all’interno di alcuni processi fondamentali, ad un approccio basato sul design, mantenendo le necessarie attività di analisi e controllo, senza che esse determinino una dipendenza o una marginalità dell’uso di strumenti intuitivi e di un ragionamento abduttivo finalizzato all’esplorazione di nuove soluzioni.
Ostacoli allo sviluppo all’interno di organizzazioni strutturate di un approccio basato sul design sono, tipicamente:
- la riconosciuta superiorità “morale” del pensiero analitico, ovvero dell’analisi storica, come fonte di predittività. Tale superiorità è un mantra ben conosciuto ed utilizzato da analisti di borsa, membri del BoD, CEO che prima erano CFO (responsabili finanziari).
- la necessità di automatizzare alcune scelte, sulla base di correlazioni statistiche su serie storiche, al fine di aumentare la velocità o l’efficienza, con conseguente rimozione del giudizio personale
Come l’organizzazione evolve verso il design thinking?
I componenti necessari ad una evoluzione organizzativa nella direzione del design thinking in azienda, invece sono:
- Una comprensione profonda dei propri clienti e della loro esperienza, estrapolata non solo su dati quantitativi ma anche qualitativi e diretti
- Una struttura delle attività basata su progetto, non solo su funzione, grazie alla quale combinare e ri-combinare teams che possano affrontare in modo flessibile la sfida del pensiero abduttivo
- L’abilità di costruire e sostenere processi iterativi di visualizzazione / prototipazione / configurazione / testing al fine di individuare e verificare le soluzioni in concreto
- L’organizzazione di nuovi processi operativi per le attività precedentemente svolte secondo la logica per funzioni
Le cinque fasi per l’adozione di una logica basata sul design thinking in azienda
Quali possono essere gli steps da adottare per introiettare, all’interno di un’organizzazione fondamentalmente basata su approcci analitici per funzioni, nuovi processi operativi basati sul design thinking ? E’ evidente che ogni azienda è un microcosmo ricco di specificità e peculiarità che la rendono unica, tuttavia, schematizzando, possiamo individuare a partire dall’esempio dei grandi, un percorso verificato.
Definire gli obiettivi e le attese
In un processo di cambiamento organizzativo, chiarire il perimetro, sia in termini temporali (quanto durerà la fase di cambiamento) sia in termini di compiti assegnati è molto importante ed è una condizione necessaria per dare all’attività una concreta pianificazione.
Il “capo” deve essere parte del progetto
E’ impensabile un intervento di questa portata ed ambito senza una delega che provenga dal n°1 dell’organizzazione e senza che egli sia presente attivamente nelle attività direzionali collegate.
Ottenere aiuto esterno
La creazione di un “comitato di esperti” o di un team di consulenti esterni, selezionati all’interno di ambiti legati al design, alla business strategy ed al business design sono un compendio importante per un’adeguata ed approfondita attività di verifica e deployment all’interno dell’organizzazione.
Attendersi qualche problema di assetto e qualche necessaria correzione
Soprattutto per organizzazioni strutturate e managerializzate, questo cambiamento organizzativo, che include anche un approccio culturale ai problemi, alla loro individuazione e soluzione, che si estende a tutta l’organizzazione, può comportare qualche reazione, soprattutto nelle prime fasi, che sarà necessario controllare e gestire.
Dimostrare in concreto e fare esperienza
Il cambiamento verso un approccio basato sulla logica del design thinking si realizza tramite l’esperienza (dei singoli, di gruppi, dei managers e dei dirigenti) ed è basato sulla dimostrabilità delle soluzioni individuate.
Infatti essendo tali soluzioni basate sulla combinazione, spesso basata sull’intuito, di “migliori spiegazioni possibili” a fenomeni nuovi o mai esplorati prima, occorre riportare sempre sul terreno della realtà tali soluzioni, mettendole alla prova in modo rigoroso al fine di verificarne la concreta praticabilità in ambito di produzione / erogazione.
Il design thinking per PMI: una possibile evoluzione
Al netto di situazioni peculiari, un assetto organizzativo semplice e meno strutturato, quale quello di norma presente all’interno dell’impresa famigliare, può essere terreno fertile per l’adozione della logica del design thinking o, quantomeno, rappresenta una sfida organizzativa meno complessa e meno lunga da affrontare se paragonata alla medesima attività in ambito di grande industria.
In taluni casi, poi, le attività di co-marketing, co-sviluppo e l’apporto di professionalità e competenze esterne, siano esse provenienti da consulenti, fornitori possono risultare trigger evolutivi anche in ambito commerciale e rappresentano esse stesse un cambiamento ed un’apertura verso l’esterno.
La dirigenza, come quasi sempre accade in questi ambiti, è il vero ago della bilancia. Essa deve fare propria questa sfida personalmente, assorbire all’interno dei processi di valutazione e di comunicazione verso i portatori d’interesse (primi fra tutti i dipendenti) i punti salienti e supportare l’evoluzione a 360 gradi, anche presso gli interlocutori esterni.
Non è da sottovalutare l’impatto competitivo che può avere l’evoluzione di un’organizzazione anche limitata nelle dimensioni, verso una logica che incoraggi il pensiero abduttivo, la creazione di piccoli team interfunzionali per l’individuazione, definizione e configurazione di soluzioni innovative, ibridative e collaborative, magari anche con l’aiuto di strumenti dedicati al design deduttivo ed alla validazione delle soluzioni individuate.
Questo approccio, inoltre, può legarsi alla rapidità di decisione ed esecuzione che è una delle armi più affilate a cui le PMI possono affidarsi nell’affrontare un mercato in continua evoluzione e, per questo, ricco di interessanti opportunità.