Dopo aver condiviso due contributi volti a spiegare le radici teoriche e scientifiche di alcuni approcci organizzativi, vediamo ora quali considerazioni trarre applicando i concetti descritti in un ambito peculiare come quello delle piccole e medie aziende, le PMI.
Evidenze empiriche, nonché studi più approfonditi, dimostrano che, se la strategia aziendale è relativamente semplice, ovvero può essere suddivisa in compiti paralleli che non necessitano di elevata coordinazione fra di loro, l’organizzazione può essere “piatta”, composta da un numero limitato di livelli gerarchici. Viceversa, in ambiti di mercato complessi, laddove l’interdipendenza fra i reparti deve essere elevata, l’organizzazione deve crescere e sviluppare livelli intermedi e/o modalità di erogazione dei servizi interni che necessitano di profondità superiore e processi di coordinamento maggiormente articolati.
In concreto, esiste una stretta correlazione fra la complessità della strategia che un’azienda deve realizzare per competere e la profondità organizzativa che deve sviluppare per governarla.
Indice dei contenuti
Strategia organizzativa & PMI
Vantaggi e svantaggi organizzativi “fisiologici”
In linea generale, appare più probabile che una PMI debba perseguire una strategia aziendale relativamente semplice rispetto ad un’azienda “corporate”, è quindi possibile supporre che, in media, aziende più piccole possano fare leva su un’organizzazione snella quale fattore di successo.
Questo vantaggio, ampiamente riconosciuto al comparto, è, purtroppo controbilanciato da alcuni limiti che, parimenti, sono tipici di organizzazioni di piccola o media grandezza. La rilevanza di tali limiti, col crescere della complessità e velocità media della competizione, sembra crescere.
In primo luogo, la presenza di un gruppo dirigente, parte di (una o più) famiglie storicamente “titolari dell’impresa”, non di rado, supporta la tendenza a:
- ridurre la “capacità di selezionare” il personale interno, facendo scarso ricorso a criteri oggettivi ed a logiche legate al merito
- ridurre la chiarezza della linea di comando, creando “gruppi decisionali opachi”, dipendenti da logiche anche estranee alla mission e vision aziendale
- intendere il puro atto diretto del “comandare” e/o del “risolvere in prima persona i problemi”, come obiettivo essenziale del ruolo del titolare
- Inoltre, la più limitata consistenza delle risorse economico-finanziarie e la ridotta disponibilità di strumenti di finanziamento alternativi al canale bancario rispetto ad aziende di maggiori dimensioni, spesso si risolve in una focalizzazione esclusiva sui processi di vendita e produzione da parte delle PMI, visti come unici processi che possono generare valore immediato.
Il combinato disposto dei fattori sopra descritti, può ridurre la capacità di sviluppo e rinnovamento organizzativo e fa si che l’organizzazione dell’azienda “calcifichi” in strutture semi-fisse, soprattutto con riferimento alle posizioni chiave, il che può amplificare gli effetti dei limiti e delle distorsioni descritte nei precedenti articoli, ad esempio:
- Mental biases e mental models sono elementi di potenziale debolezza per chiunque. Se il “decisore aziendale”, ad esempio, possiede una cultura ed una formazione che affonda le proprie radici negli anni cinquanta, difficilmente potrà sostenere ed affrontare uno sviluppo organizzativo all’insegna della condivisione e digitalizzazione delle informazioni e dei processi, semplicemente perché non fa parte dei temi che considera rilevanti.
- Le competenze del singolo sono limitate, difficilmente una sola persona, o anche due, possono avere conoscenze adeguate ad affrontare problemi ed opportunità appartenenti ad ambiti fortemente differenti fra loro, ma ormai resi interdipendenti dall’elemento tecnologico, quali produzione, finanza, marketing, fiscalità, export, vendite, risorse umane, ricerca e sviluppo, ICT, etc… Questo rafforza la probabilità che decisioni rilevanti, su temi poco noti, siano influenzate da quanto citato nei precedentementi contributi.
- Il tempo disponibile non consente di verificare direttamente ogni situazione tecnico-economica, ogni opportunità, né consente di adottare decisioni in modo tempestivo in tutti i casi in cui sarebbe necessario, ne’ consente di formarsi su tutti i temi competitivi importanti.
Vincere la sfida organizzativa per una PMI
Da quanto prima descritto emerge, a mio avviso, che la “sfida organizzativa” sia, di per sé, una grande opportunità per qualsiasi PMI, e che vincere tale sfida significhi liberare grandi energie competitive, per alcuni motivi:
- In una PMI il peso ed il contributo di ogni risorsa umana è fondamentale e, spesso, non può essere “riassorbito” da figure di back-up e di supporto, l’effetto di un miglioramento delle performance del singolo sull’organizzazione è tangibile ed immediato.
- In un momento, quale quello attuale, dove l’impatto della tecnologia rende immediata ed ubiqua la disponibilità dell’informazione, il fatto di poter disporre di processi ben progettati è fondamentale ed abilita l’organizzazione medesima all’uso proficuo di dati ed informazioni al fine di reagire rapidamente ed adeguatamente agli stimoli esterni e di realizzare con coerenza ed efficacia la propria strategia.
- La capacità di attrarre, formare e motivare personale rendendolo capace di adottare decisioni allineate al contesto ed alla missione aziendale, sulla base di quanto prima esposto, è un fattore competitivo fondamentale.
Il costante lavoro di ottimizzazione di strumenti e workflow, un’attività strutturata di comunicazione interna, nonché la cura dei processi di ascolto, soprattutto nei confronti della “periferia” dell’organizzazione (quella che viene a contatto con clienti, fornitori e portatori d’interesse), possono consentire ad ogni PMI, rapidamente, di poter tornare a giocare le proprie carte migliori.
Vincere la sfida organizzativa è un obiettivo fondamentale del gruppo dirigente, in qualsiasi azienda.
I punti fondamentali da affrontare”
Per affrontare la sfida organizzativa una PMI può tener presente alcune prime basilari e concrete indicazioni che vengono esposte di seguito e, con la loro applicazione, attivare un cammino di crescita di sicura efficacia.
Formalizzare un organigramma chiaro
Può sembrare una pre-condizione organizzativa, ed in fondo lo è, tuttavia disporre di un organigramma chiaro, che specifichi mansioni e poteri, soprattutto in capo al gruppo dirigente-titolare, è un fatto non scontato in una PMI. A volte, infatti, la concentrazione e sovrapposizione di ruoli in capo a poche figure, la stratificazione “storica”delle mansioni, genera una confusione di ruoli e di “poteri”, tale che risulta poi difficile persino sviluppare un sistema di misurazione delle performance che abbia un senso. Questo può facilmente condurre ad una forte demotivazione, riduzione delle performance e conseguente riduzione della capacità competitiva.
Formalizzare un piano strategico anche quantitativo
Occorre dare chiare priorità su qualità ed ampiezza degli obiettivi aziendali, per fare ciò è, spesso, necessario definire un ristretto gruppo di obiettivi come principali target per un ragionevole lasso di tempo (12-18 mesi, ad esempio). Possono essere obiettivi legati allo sviluppo del prodotto, ai clienti, alla distribuzione, o ad altro. Difficilmente una PMI può affrontare in contemporanea più obiettivi di questo livello, quindi dare una chiara indicazione è necessario per far si che, sia la “periferia”, sia il gruppo dirigente li tenga come riferimento nelle decisioni.
È importante formalizzare, anche se in modo semplice, un documento strategico che possa illustrare l’ampiezza di questi obiettivi, la loro importanza, il loro impatto. Il documento può servire anche come indicazioni di supporto nei confronti di terzi portatori d’interesse (soci di capitale, banche, consulenti…) e dovrà essere supportato da dati quantitativi forniti dall’amministrazione.
Formalizzare un sistema di misurazione delle performance
È necessario implementare un sistema di misurazione delle performance relative agli obiettivi individuati. Il sistema, auspicabilmente, non apprezzerà la performance aziendale solo nel complesso, ma anche per singoli reparti / processi. Se tali performance influiscono direttamente su qualità/quantità degli obiettivi raggiunti si possono valutare metodi di incentivazione correlati (su questo punto seguirà un approfondimento)
Introdurre standards
È importante, soprattutto in aree quali amministrazione, risorse umane e ICT, introdurre standards che scolleghino l’esecuzione dei vari compiti dalle conoscenze strettamente personali di un individuo, rendendole così più trasparenti, trasmissibili e misurabili. Ad esempio, appare rilevante la definizione delle job-description delle risorse umane con funzioni importanti, la costruzione formale di percorsi di selezione, formazione e crescita per le varie aree aziendali, in generale, è importante la capacità di introdurre in modo routinario e strutturato (standardizzato) nei processi quegli “insights” che emergono durante l’attività.
Prevedere cicli di formazione
È del tutto impensabile, soprattutto in un contesto tecnologico come quello attuale, che il gruppo dirigente non preveda importanti cicli di formazione, per sé stesso e per tutto il personale coinvolto in processi che prevedono attività ricorsive di:
- valutazione e decisione
- contatto e comunicazione con il mercato
- Esercizio di competenza tecnica specifica
- gestione di persone
Ai cicli di formazione dovrà essere il più possibile collegata l’attività di modifica ed introduzione di soluzioni (appunto apprese nella formazione) nei processi aziendali.
(1):Il che potrebbe, a volte, essere ricollegato ad una strategia di eccessiva estrazione del valore da parte del gruppo titolare-dirigente.
(2):Anche, banalmente, per il fatto che in un’azienda in cui operano in totale 20 individui, una singola risorsa pesa il 5% della forza lavoro ed eroga il 5% delle ore lavorate nel complesso.