Oggi, ogni singolo aspetto di un’azione di marketing ha un valore numerico associato: tassi di apertura, follower, condivisioni, percentuali di clic, lead creati, pipeline creata, entrate ecc…. ma il valore di tutti questi numeri non è uguale per importanza.
Nel nostro articolo vogliamo capire:
- qual’è il contributo del marketing alla crescita e alla strategia aziendale, ovvero quali sono i valori da prendere in considerazione per dimostrarlo
- quali metriche social può essere rilevante approfondire
- quali utenti possono essere fuorvianti per i loro comportamenti
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Indice dei contenuti
Premessa
Due terzi dei senior marketer affermano che la pressione del Senior Management e della “direzione” nei loro confronti è aumentata:
- il 30% afferma che questo aumento è stato significativo
- il 75% concorda che gli operatori di marketing dovranno affrontare, nei prossimi cinque anni, maggiori pressioni per produrre metriche che dimostrino il contributo di questo dipartimento alla crescita reale dell’azienda
I professionisti del marketing non devono considerare questa pressione come un fatto negativo, ma una vera e propria occasione per dimostrare l’importanza del loro ruolo.
Ma come dimostrare questo contributo ?
Utilizzando un approccio che, mutuando metriche tattiche e strategiche, più qualitative, consentano il reale apprezzamento di “insight” su utenti, prodotti, mercato e consumatori.
Quali dati limitano la misurazione? Metriche tattiche e metriche strategiche
Proviamo, allora, a suddividere le metriche in “tattiche” e “strategiche”:
- le metriche tattiche sono quelle che consentono di misurare e monitorare le proprie prestazioni e il successo in un contesto specifico, tendenzialmente di breve periodo;
- le metriche strategiche, invece, consentono di misurare la capacità del marketing di contribuire agli obiettivi aziendali generali, sono quindi anche più complesse da calcolare.
Anche se un’ampia maggioranza degli esperti di marketing (70%) dichiara che gli aspetti più importanti per dimostrare il valore del marketing in un’azienda sono un mix di metriche strategiche e tattiche ed il 56% di loro ritiene che il reporting strategico sia la chiave affinché il marketing venga preso sul serio dal team di senior management, occorre sottolineare che solo il 29% dei senior marketer ha affermato di avere i dati sufficienti per monitorare il successo del proprio progetto attraverso metriche tattiche e strategiche.
Ne consegue l’osservazione, evidente, che i sistemi di misurazione in uso sono sbilanciati su KPI dall’impatto limitato al singolo progetto, alla singola campagna.
Come
Fornire misurazioni strategiche non è un compito semplice.
Quali fattori possono limitare le capacità di raccolta e interpretazione dei dati per dimostrare le prestazioni del marketing? E quali sono gli ostacoli che si incontrano quando si vuole misurare il contributo del marketing agli obiettivi strategici complessivi dell’azienda?
Per entrambi gli aspetti le tre risposte più frequenti sono:
- scarsa integrazione tecnologica
- mancanza di tempo: da cui l’importanza di automazione e produttività
- mancanza di capacità di analisi dei dati
Questi non sono temi nuovi o sorprendenti, ciò che è preoccupante è l’apparente mancanza di soluzioni per risolvere questi problemi, il pensiero non sempre è seguito da azioni concrete. E’ necessario che gli esperti di marketing possano attivare progetti volti a ottenere migliori misurazioni, misurazioni più strategiche e meno specialistiche, mettendo al primo posto l’obiettivo di far crescere le loro organizzazioni, non un sotto-obiettivo tecnico di campagna PPC !
Le metriche principali adottate per la misurazione di una campagna social
Una corretta analisi del ROI di una campagna social ha l’obiettivo di permettere di valutare pienamente la performance, trarre indicazioni per le prossime campagne e sviluppare nuove opportunità.
Ma come procedere concretamente ?
Le metriche quantitative sulle azioni social
Quando viene lanciata una nuova campagna, l’impatto in tempo reale può essere monitorato tramite 4 KPI o metriche principali:
- numero di messaggi
- utilizzo dell’hashtag ufficiale
- potential reach
- share of voice caratterizzato da sentiment positivo
Approfondendo l’attività con azioni di social media listening è possibile misurare il numero di menzioni, la loro evoluzione temporale, è possibile segmentare i dati per i diversi canali social e analizzare gli hashtag collegati che vengono creati spontaneamente dagli utenti
Gli indicatori qualitativi sulle campagne: la strategia
L’analisi quantitativa offre le importanti indicazioni ma da sola non basta. Infatti, ricollegandoci all’importanza di indicatori strategici, occorre sottolineare quanto sia fondamentale estrarre insight sulla percezione relativa al brand, sulle scelte in termini di consumo e di allineamento.
Sarà poi compito del marketer trasmettere questi insight ai più alti livelli dell’organizzazione affinché sia possibile utilizzarli a supporto di decisioni strategiche.
Alcune ipotesi di indicatori qualitativi da approfondire:
- la natura delle reazioni dell’audience, basata su utenti molto coinvolti
- tipo di contenuti creati spontaneamente dagli utenti
- i temi e i sottotemi qualitativi legati ai messaggi positivi e negativi , ovvero la classificazione delle tipologie di menzioni associate al brand.
Inoltre, la rilevazione di queste informazioni va associata ad un’indagine sui contenuti che hanno generato il maggior engagement. In questo modo, le agenzie possono ottimizzare il fine-tuning delle campagne in corso e pianificare messaggi e contenuti maggiormente profilati per le future attivazioni
I KPI riferiti ad influencer e top contributor
L’analisi dell’impatto delle campagne consente di identificare media e influencer più pertinenti per aumentare copertura e risultati.
Gli influencer possono essere classificati in base a un punteggio complessivo basato sulla loro audience (n° fan, follower,etc.) o sul coinvolgimento (N° menzioni per tema), ovviamente questa analisi può essere estesa a qualsiasi utente coinvolto durante la campagna.
Le prestazioni dei contenuti e delle campagne, ovvero il loro ROI sono questioni di cui tutti i marketers si preoccupano, tuttavia, spesso, questi dati tendono a provenire da sistemi di misurazione differenti.
Come obiettivo strategico, le aziende dovrebbero iniziare a cercare sistemi tecnologici che possano raggiungere alcuni obiettivi:
- Aggregare i dati in un’unica dashboard, soprattutto se provenienti da molte diverse fonti
- Rendere i dati accessibili all’intero team
- Sviluppare processi di valutazione ed analisi dei dati, anche con l’aiuto di specialisti terzi
5 tipologie di utenti che possono generare metriche “anomale”
È molto probabile che, nel tuo pubblico, si nascondono piccoli gruppi i cui comportamenti sono così estremi, ovvero lontani dalla media, da alterare il comportamento generale dei tuoi canali di web marketing danneggiandoli.
Questi gruppi mostrano comportamenti ripetitivi lontani dalla media che sono rilevanti per la valutazione del canale e che, essendo “valori anomali”, possono:
- Alterare i dati complessivi, facendo sembrare che tu stia avendo risultati migliori o peggiori di quanto sia in realtà
- Oscurare il rendimento del pubblico principale, confondendolo
- Nascondere le tendenze nei dati dei clienti, facendo perdere alcune opportunità
- Distorcere i risultati dei test, portando a implementare modifiche o strategie sbagliate.
Diamo un’occhiata alle 5 categorie di utenti che generano “valori anomali” con più frequenza all’interno dei canali marketing.
1- Utenti iper spendaccioni
Queste persone spendono o donano importi enormi, ad esempio 100 volte la media del tuo pubblico.
2- Utenti che aprono ogni messaggio
Queste persone sono iscritte alla newsletter aziendale ed aprono praticamente tutto ciò che ricevono, ma questo comportamento spesso non si traduce in un cliente prezioso.
3- Influencer e diffamatori
Gli Influencer acquistano raramente, ma sono incredibilmente coinvolti dai post sui social, i contenuti web o altro, che spesso condividono con il loro vasto pubblico.
Esiste un lato “oscuro” ovvero gli influencer negativi, i diffamatori, che non acquistano e sono molto critici nei confronti del marchio, cercando quindi di fare pressione o punire l’azienda.
Ad esempio, una gran parte dei Millennial ritiene importante che le aziende da cui acquistano siano in linea con i propri valori. Quella stessa motivazione ha portato alcuni di loro a pubblicare recensioni e reazioni negative contro le aziende che ritengono contrarie ai loro valori, anche se non sono mai stati clienti di quella società.
4- Bot
I BOT, programmi automatici che generano contenuti e profili fake, sono ovunque, ad esempio, su Twitter ed altre piattaforme di social media, gli esperti stimano che fino al 15% degli account siano bot.
I bot possono essere presenti anche in altri canali digitali, ad esempio newsletters.
Ma non tutti i click bot sono cattivi, esistono alcune aziende utilizzano i robot di posta elettronica per impedire l’ingresso di e-mail dannose nei loro sistemi di posta aziendali. Un approccio per classificare gli eventi che generano, può essere quello di suddividerli tra vantaggiosi, dannosi o sfruttatori per gestire meglio i relativi click.
5- Dipendenti
Ogni azienda desidera che i propri dipendenti siano coinvolti con i post sui social media, le campagne di email marketing ed i contenuti web del brand, se essi aprono e fanno clic su tutto ciò che viene loro proposto, possono, in alcuni casi, distorcere A/B test e risultati aggregati.